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Un vaccino contro la tubercolosi
per trattare il diabete autoimmune

E’ partito lo studio clinico di fase II che ha l’obbiettivo di convalidare l’efficacia del vaccino contro la tubercolosi (quello a base di Bacillus Calmette-Guérin, BCG) nel trattamento delle fasi avanzate del diabete di tipo 1, quello di origine autoimmune. Ad annunciarlo a un recente meeting dell’American Diabetes Association sono stati i suoi responsabili, un gruppo di diabetologi guidato da Denise Faustman, esperta del Massachussetts General Hospital di Boston.

Il vaccino BCG attiva l’aumento del fattore di necrosi tumorale (TNF), una proteina che riesce a sopprimere temporaneamente la produzione degli autoanticorpi diretti contro le cellule del pancreas che producono insulina. Il rimedio ha già dimostrato di riuscire ad attenuare la risposta autoimmune in topi e in pazienti con diabete avanzato. In particolare, in uno studio clinico di fase I pubblicato nel 2012 il vaccino BCG ha permesso di eliminare le cellule del sistema immunitario responsabili della distruzione delle cellule pancreatiche e di ripristinare allo stesso tempo la produzione di piccole quantità di insulina.

In base a quanto osservato finora l’eliminazione dell’attacco autoimmune sembra consentire alle cellule ancora presenti di riprendere a funzionare. Ora il vaccino, inizialmente somministrato 2 volte a distanza di 4 settimane l’una dall’altra, sarà somministrato in tempi più ravvicinati per verificare se l’effetto possa essere potenziato. I pazienti arruolati saranno in totale 150, e l’osservazione dettagliata dell’andamento della loro patologia durerà non meno di 5 anni. Se i risultati saranno quelli attesi, si potrebbe aprire presto una nuova via anche nel trattamento cura di altre patologie autoimmuni, tra le quali la sclerosi multipla e la sindrome di Sjogren, anch’esse in studio con protocolli analoghi basati sul BCG.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 5 giugno 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: diabete, diabete di tipo 1, terapia, tubercolosi, vaccino



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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